IL PERIODO MODERNO
IL PERIODO MODERNO
Dagli Austriaci ai Borboni, un rilancio del porto commerciale
Da una cronaca del 1717 del sacerdote tarantino Cataldo Antonio Cassinelli risulta che il porto è frequentato non solo da navi veneziane, ma anche da navi provenienti “da rimoti paesi d’Inghilterra, Olanda, Spagna e Portogallo”, che “vi giongono giornalmente , a caricarsi di frumento, biade, vini, lane, oglio, formaggio, e bombace, o a portarvi nuove mercanzie da vendere”.
Ci sono, tra i prodotti esportati nel “Regno di Napoli, ed altri più lontani paesi; le ostriche per fine, e coccie [cozze] nere tarentine sono senza novero; sichè vi fu chi per tal riguardo le paragonò alle stelle del Cielo”.
Il primo periodo borbonico, alla metà del Settecento
L’olio resta uno dei prodotti più commerciati dai porti pugliesi. Taranto continuano a soddisfare le richieste dall’Inghilterra e si avvia una nuova direttrice di traffico verso la Francia. Oltre all’olio, anche altri prodotti storici della Puglia, grano e della lana, sono spediti via nave.
Nel 1755 iniziano i lavori per la riapertura del fosso del canale, che tendeva a
interrarsi isolando il Mar Piccolo e i suoi allevamenti dal mare aperto .
A fine Settecento, sappiamo che anche i prodotti della Lucania e della Calabria (fichi secchi) arrivavano con barche d’alaggio nella breve ansa naturale di nord-ovest, relativamente riparata, ma priva di banchine e di opere portuali”.
La Taranto francese
Il periodo napoleonico afferma più decisamente la funzione mediterranea del porto di Taranto, funzione che apparirà più precisa con l’apertura del canale di Suez, nel 1869, che porta ad altri traffici, a nuovi equilibri ed a nuove contese,
mentre coll’unificazione del Regno d’Italia si individueranno dapprima le necessità navali e di difesa costiera, poi quelle espansionistiche, coloniali e politiche, dirette verso il Mediterraneo, i Balcani e l’Africa.
La visione dello stato napoleonico
Napoleone chiese al generale Soult e all’ammiraglio Villeneuve di studiare il porto di Taranto e stabilire le opere necessarie a dargli la massima efficienza e sicurezza. I lavori, effettuati in pochissimo tempo; riguardarono l’ampia rada, fortificata nei suoi punti di entrata; l’isola di S. Paolo su cui furono installate delle batterie e la fortificazione del Capo di S. Vito. Sull’isola di S. Nicolicchio,
che guardava il passo di Rondinella e l’ancoraggio del porto mercantile, fu posta un’altra batteria con diversi cannoni.
E così con decreto del 3 settembre 1813, il porto di Taranto viene dichiarato porto militare e quindi dipendente dal Ministero di Guerra e Marina.
Il blocco continentale
L’occupazione francese della Puglia non fu tollerata dal governo inglese. In risposta, Napoleone istituì il cosiddetto “blocco continentale” per impedire all’Inghilterra di commerciare col “continente” (Europa occidentale e centrale),
ma questo embargo si ripercosse sulla fragile economia salentina che in quegli anni si basava prevalentemente sulla vendita di olio e vino all’estero, Paesi Bassi e Inghilterra, soprattutto .
Vento di modernità
Nel complesso Taranto beneficiò della riorganizzazione francese, lo fa capire l’incremento demografico: nel 1814, la città contava oltre 14mila abitanti. Con la legge di “eversione feudale” del 1806, furono aboliti e privilegi nobiliari ed ecclesiastici.
Assieme ad altre antiche imposizioni, nel 1806 furono aboliti i diritti sulle peschiere tarantine, per cui aumentò il numero di pescatori e marinai (748 dei 1202 della Terra d’Otranto). Ormai le cozze nere prodotte a Taranto si commerciavano in quasi tutta la provincia ed anche fuori, nelle regioni vicine, con un ricavo di 40.000 ducati lordi a cui si aggiungeva quello della pesca di altri frutti di mare e di pesci di ogni tipo.
La salagione del pescato, per quanto di antica tradizione, in questo periodo era però poco sviluppata.
Dall’unità d’Italia alla prima industrializzazione
Il porto mercantile, nel passato cosi fiorente e ricco di movimento, nell’ultimo periodo del governo borbonico era caduto in vera crisi. Fu soltanto con l’unificazione del Regno d’Italia che si pensò di allargarlo e di renderlo adatto a ricevere persino i grandi piroscafi, le navi a vapore che cominciavano a solcare le rotte mediterranee ed oceaniche.
La scelta di installarvi una base navale portò alla necessità di realizzare anche l’Arsenale Militare. Fu proprio questo grosso cantiere a mutare il volto della città e del porto che vide, specialmente durante la Prima Guerra Mondiale, aumentare notevolmente i suoi traffici.