CONTE intervista
Michele Conte, Ex Presidente AdSP Mar Ionio
Nel 1994 con la Legge 84, lo stato italiano riforma quella che era stata fino ad allora l’amministrazione dei maggiori porti italiani.
Vengono dati poteri alle autorità portuali di effettuare una sorta di programmazione ed in particolare si va sulla infrastrutturazione ad opera delle autorità portuali che erano appena nate, e conseguentemente anche alla promozione delle attività portuali. Erano due funzioni che precedentemente le Capitanerie di Porto, che gestivano per conto del Ministero della Marina Mercantile i porti, non avevano. Pertanto siamo agli albori di una nuova realtà in quelli che sono i porti nazionali.
Ci fu la nomina di un Commissario, un ammiraglio della Marina Militare che resse praticamente l’ufficio della Autorità Portuale nascente per due anni, poi vedendo che tardava la nomina del primo Presidente dell’Autorità Portuale di Taranto si dimise proprio per sollecitare questa nomina.
Fu nominato l’architetto Giuseppe Guacci, le prime preoccupazioni del Presidente Guacci furono quelle di realizzare una sede, ma soprattutto di dotare di una struttura tecnica e amministrativa la nascente Autorità Portuale. Mi chiede se potevo assumere la carica di Segretario Generale, che accetto ovviamente di buon grado.
Ero agli Affari Generali dell’Italsider di Taranto dopo le dimissioni da ufficiale di porto, e insieme iniziamo praticamente a costruire la struttura materiale e immateriale che doveva gestire l’Autorità Portuale di Taranto. Il primo obiettivo era l’organico e la sede. Successivamente, era la promozione della realtà portuale e su questo il presidente Guacci iniziò in maniera veramente massiccia, tant’è che da questa azione di pubblicizzazione del porto nacque l’interesse di Evergreen, il secondo all’epoca vettore marittimo. A quel punto, viene individuato il Molo Polisettoriale come terminal container per il vettoriamento nel Mediterraneo.
Una struttura terminata negli anni ’80, ma mai entrata realmente in esercizio se non nel 1998. Presidente del Consiglio dei ministri al tempo era Romano Prodi stanzia 100 miliardi per il porto di Taranto per riadeguare il terminal alle nuove funzioni, che Evergreen chiede dover essere pronto entro tre anni dal momento in cui si stipula il contratto.
Per cui l’Autorità Portuale del tempo si ritrova nella condizione che con quattro dipendenti diretti deve affrontare un’opera di questo tipo. C’è comunque sempre il personale della Capitaneria di Porto che continua a dare supporto alle attività, riusciamo in due anni e mezzo ad adeguare questo terminal, era talmente il desiderio, la voglia… quindi Evergreen arriva a Taranto e inizia praticamente la sua attività.
Da quel momento il porto di Taranto comincia a rimbalzare un po’ in giro per il mondo, perchè ovviamente le rotte si incrociano col porto di Taranto attraverso Evergreen. Il porto di Taranto era un porto di transhipment, vale a dire: arriva la nave madre, scarica i contenitori sulla banchina, arrivano le navi più piccoline, i feeder, che raccolgono parte di quella merce e la vanno a distribuire in quei porti dove la grande nave non sarebbe andata. 2000, 2001, 2003 questi sono i periodi di massima espansione.
Noi avevamo come scopo al tempo quello di trattenere quanta più merce possibile perchè potesse essere lavorata, un’attività a basso impatto ambientale ma soprattutto ad alta resa di carattere sia economico ma soprattutto occupazionale.
Questo porto l’ho visto rinascere e crescere fin da quando ero ufficiale di porto, per cui è la mia vita. Quando ho deciso di lasciare la Marina, le Capitanerie di Porto, l’ho fatto perchè siccome andavo avanti col grado e dovevo andar via da Taranto, ho preferito andare a lavorare in siderurgia continuando ad occuparmi di questa realtà , di questa creatura. Il mio desiderio era vedere crescere Taranto.
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